Articolo tratto da "LaRegione" sulla vicenda di PuertoAzul

di Marco Marelli e di Dino Stevanovic.

Puerto Azul, una sentenza a Pescara apre ai risarcimenti
La Banca Fideuram è stata condannata al pagamento di circa 280’000 euro a favore di due vittime della maxi truffa del finto resort di lusso ai Caraibi. 

La banca chiamata alla cassa. Due sentenze – quelle pronunciate lo scorso 27 novembre dal giudice unico Cleonice G. Cordisco, del Tribunale civile di Pescara –, che aprono alla speranza per coloro che avevano complessivamente affidato alla Holding Dgh Sagl di Lugano oltre 20 milioni di euro: più di duecento persone, molte delle quali residenti in Ticino. La giudice ha infatti accolto il ricorso presentato da due donne di Pescara, entrambe assistite dall’avvocato Eugenio Galluppi, condannando per omesso controllo la Fideuram Intesa San Paolo Private Banking e uno dei promotori di ‘Puerto Azul’. La banca dovrà così risarcire le due vittime della maxi-truffa dell’importo da loro messo a disposizione, rispettivamente 152’000 e 127’000 euro: l’equivalente delle somme che avevano affidato al promoter che operava per conto della Fideuram. «Si tratta di due sentenze molto significative – ha detto il legale abruzzese alla ‘Regione’ –, in quanto il Tribunale di Busto Arsizio, in sede penale, nel pronunciare le prime quattro condanne nel 2018 aveva disposto anche la confisca dei beni dei promotori della truffa, escludendo in questo modo qualsiasi forma di risarcimento».

Un sogno-incubo da un miliardo e otto stelle ai Caraibi


Nel 2017, ricordiamo, finirono in manette diverse persone. Fra queste, Domenico Giannini: 40enne italiano residente ad Arosio (e precedentemente a Breno e Vernate), titolare della società con sede a Barbengo e considerato la mente della truffa. Il raggiro ideato è di quelli da film. Per finanziare ‘Puerto Azul’ – un resort faraonico a 8 stelle da edificare su Blue Hole, un atollo del Belize, stimato a un miliardo di dollari – venivano contattati clienti molto facoltosi inducendoli all’investimento immobiliare. Fra questi anche ignari vip, del rango di John Travolta, la moglie e attrice Kelly Preston, Adrien Brody, Andrea Bocelli. L’immagine delle star internazionali è stata strumentalizzata a loro insaputa, con lo scopo di conferire una maggiore credibilità al progetto.

Articolo tratto dal “Centro” del 6 Gennaio 2021, Prime sentenze sulla truffa Puerto Azul

TRIBUNALE CIVILE / LE SENTENZE

La maxi truffa del resort di lusso: 

primi risarcimenti alle vittime  

 

Riconosciuto a due pescaresi un danno complessivo di 280mila euro per gli investimenti nel Belize con Banca Fideuram. Raggiro internazionale da 20 milioni, tanti abruzzesi tra le 200 parti offese

PESCARA. Arrivano le prime due sentenze del tribunale civile di Pescara, che si potrebbero definire pilota, legate a una singolare vicenda giudiziaria di cui si sono occupati i magistrati della procura di Busto Arsizio (Varese), e che ebbe ampia risonanza anche sulla stampa nazionale. Una mega truffa da circa 20 milioni di euro ai danni di ignari investitori che, nel caso che ci riguarda, credettero nell’operato di due promotori finanziari della Banca Fideuram di Pescara che poi patteggiarono la pena.

INVESTIMENTO “SICURO” Una truffa internazionale che coinvolse circa 200 parti offese, fra cui diversi abruzzesi, invitati a effettuare un “sicuro” investimento per la realizzazione di un complesso turistico alberghiero extra lusso a Puerto Azul, annunciato prima a Santo Domingo e poi nel Belize, ma mai realizzato. Molti videro svanire così i risparmi di una vita che pensavano di investire per una tranquilla vecchiaia e che invece si volatilizzarono.
L’AZIONE CIVILE Qualcuno, come appunto i due pescaresi, decise di avviare anche un’azione civile contro uno dei due promotori o consulenti, ma soprattutto chiamando in causa la stessa Banca Fideuram che oggi è stata condannata a risarcire il danno patito dai due ricorrenti. Un successo che va ascritto all’avvocato Eugenio Galluppi, il primo a raggiungere questo obiettivo: due distinte sentenze emesse dallo stesso giudice del tribunale civile di Pescara, Cleonice Cordisco, e questo nonostante che altri giudici si fossero già precedentemente espressi sulla vicenda, ma in maniera contraria. Due sentenze che restituiscono ai due clienti investitori una somma complessiva di circa 280mila euro e tanta serenità per lungo tempo persa.
RUOLO ATTIVO DELLA BANCA Il punto centrale della sentenza sta proprio nel fatto che il giudice ha riconosciuto il ruolo attivo dell’istituto di credito e non soltanto le responsabilità del promotore finanziario che comunque aveva sempre operato all’interno della stessa banca Fideuram.
I fatti risalgono al 2013 quando alla vittima di turno venne prospettata, dal promotore che le aveva assegnato la banca, O. A. (l’altro promoter coinvolto era Roberto Giammarco), l’acquisto di un fondo di investimento estero chiamato “Equi Sicav – Sif Puerto Azul” che le avrebbe procurato buoni rendimenti.
UFFICI DI VIA VENEZIA La vittima, che si sentiva garantita dalla Fideuram, aveva concordato di investire 125mila euro e aveva sottoscritto il contratto dentro gli uffici della banca in via Venezia e quello stesso giorno predisposto il bonifico. Ma dopo tre anni la cliente si vide recapitare una missiva dalla società Costanza (la fiduciaria chiamata in causa, ma risultata poi estranea a tutto, attraverso la quale sarebbe transitata l’operazione) con cui si notificava il recesso dal mandato fiduciario. E così la parte offesa venne a sapere dalla Fideuram che quel prodotto finanziario era a loro sconosciuto. Partì l’azione civile nella quale trovarono spazio anche gli sviluppi della vicenda penale.
LA CONSOB La questione, nel frattempo, passò anche al vaglio della Consob (messa al corrente dalla stessa banca, ma oltre un anno dopo la sua ispezione interna) che sospese il promotore e successivamente lo radiò, descrivendo la sua attività «illecita e fraudolenta». Ma la parte interessante della sentenza riguarda appunto il coinvolgimento della stessa banca. «La linea difensiva della Fideuram», scrive il giudice, «non appare convincente alla luce del più recente orientamento giurisprudenziale secondo cui il fatto che la società preponente abbia creato un legittimo affidamento circa la riconducibilità a sé dell’attività del preposto (si ricorda che A. operava nei locali della banca dove era acceso il conto della cliente) la rende responsabile del comportamento illecito di quest’ultimo anche ove i prodotti di investimento collocati non siano quelli da essa gestiti. Parimenti, che i moduli di investimento sottoscritti non fossero immediatamente riconducibili alla banca – senza, per giunta, alcuna prova che al preposto fosse stato fatto divieto di collocare quei prodotti presso la clientela – non basta a interrompere l’occasionalità necessaria tra l’attività della intermediaria e il comportamento del promotore»..

Caso “Puerto Azul”, Fideuram e un ex cf dovranno risarcire dei clienti. I retroscena in esclusiva

 

ll cf aveva prospettato alle clienti l’acquisto di un fondo di investimento estero destinato a finanziare la realizzazione di un resort nel Belize, di cui non c’era nessuna traccia.

 

Di 
Fideuram Ispb è stata condannata dal Tribunale Civile di Pescara al pagamento di circa 280.000 euro a favore di due vittime della maxi-truffa del finto resort di lusso ai Caraibi, “Puerto Azul”.
Il giudice, Cleonice G. Cordisco, ha accolto il ricorso presentato da due donne di Pescara, entrambe assistite dall’avvocato Eugenio Galluppi, condannando (a titolo di risarcimento danni) Fideuram Intesa San Paolo Private Banking, in solido con l’ex consulente finanziario O. A., radiato dalla Consob nel giugno 2018 (dopo la sospensione nel luglio 2017) e che ha patteggiato nel procedimento penale.
I 280.000 euro sono l’equivalente delle somme che le due donne avevano affidato al consulente finanziario tra 2013 e 2014.
Più nel dettaglio, come emerge dalla sentenza che Citywire Italia ha avuto modo di visionare, A. aveva prospettato alle clienti (insieme al collega Roberto Giammarco) l’acquisto di un fondo di investimento estero, denominato “Equi Sicav – Sif Puerto Azul”, con domicilio in Lussemburgo, che avrebbe procurato loro buoni rendimenti, e che l’operazione sarebbe transitata attraverso la Costanza s.r.l. – Società Finanziaria.
Diversi risparmiatori e investitori di tutta Italia erano stati indotti a finanziare la realizzazione di un resort di lusso sulle paradisiache spiagge del Belize in Sudamerica. Ma di quel resort non c’è mai stata nessuna traccia.
L’intestazione fiduciaria era solo una delle modalità attraverso cui i soggetti, facenti parte di quella che poi sarebbe risultata essere un’organizzazione a delinquere, cercavano di attribuire al fittizio progetto “Puerto Azul” una veste formale rassicurante per gli investitori, oltre che dare credibilità alla raccolta fondi per i clienti italiani.
Dopo l’interruzione del rapporto di lavoro da parte di Fideuram, A. è poi transitato in Credem nel marzo 2016, così come il collega Giammarco, che nel settembre 2019 è stato interdetto dall’attività per tre anni con provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Ma, il 21 dicembre 2016, alle clienti è arrivata una missiva da parte della Costanza s.r.l., con cui veniva comunicato il recesso dal mandato fiduciario. Le due, allarmate dalla situazione, hanno contattato il consulente per avere informazioni e questi le ha rassicurate. Nel gennaio 2017, A. è stato arrestato nell’ambito della truffa “Porto Azul”.
Le clienti hanno contattato la filiale di Fideuram, che ha riferito loro che il prodotto finanziario acquistato era a sconosciuto alla società.
Dalla documentazione emerge che è stata la stessa Fideuram (dopo aver avviato nel 2015 un’ispezione interna sui due cf ) a rivolgersi alla Consob segnalando, in data 26 aprile 2016 (dopo il passaggio dei due consulenti finanziari in Credem), le irregolarità commesse da A., che però (negli anni cui fa riferimento la sentenza) operava nei locali della banca dove era acceso il conto delle clienti.
Il che rende Fideuram Ispb responsabile del comportamento illecito del consulente finanziario.
Dopo l’audit interno, ricostruisce l’avvocato citando la sentenza, la società ha fatto firmare ai clienti una “scheda-intervista”, con un documento nel quale erano presenti solo i titoli che i clienti avevano già presso Fideuram, con l’obiettivo di utilizzarla come dichiarazione confessoria per dimostrare che questi non riconoscevano i titoli proposti dai cf finiti nell’occhio del ciclone, ma solo quelli indicati nel documento.
“Si tratta di due sentenze molto significative”, ha detto il legale a Citywire Italia, “in quanto il Tribunale di Busto Arsizio, in sede penale, nel pronunciare le prime quattro condanne nel 2018 aveva disposto anche la confisca dei beni dei promotori della truffa, escludendo in questo modo qualsiasi forma di risarcimento”.

Articolo tratto da Abruzzo Web

SENTENZA PILOTA DEL TRIBUNALE ADRIATICO. POSSIBILI ALTRI RICORSI

MEDIOLANUM: CLIENTE TRUFFATO; GIUDICE PESCARA, PAGHI LA BANCA

di Giorgio Alessandri

 

PESCARA – È una sentenza spartiacque, di quelle che tecnicamente si dice “fanno giurisprudenza”, quella depositata dal tribunale  di Pescara con la quale Banca Mediolanum viene condannata a risarcire un cliente truffato da un promotore finanziario dell’istituto bancario, Lorenzo Florindi.

La banca, sostanzialmente, è stata ritenuta responsabile per i fatti commessi dal suo “family banker”: un precedente che può aprire uno spiraglio per tutte quelle persone che reclamano una pretesa risarcitoria.

I fatti risalgono al marzo 2008, quando Florindi, negli uffici di viale Bovio dell’istituto bancario, propose al signor S.S. una compravendita di titoli a disinvestimento rapido, garantendo un’alta redditività dei prodotti finanziari e rapidi guadagni.

Un mese dopo, Florindi proponeva altro nuovo investimento al cliente S.S. il quale gli consegnò un assegno postale dell’importo concordato. Il  promotore assicurò che tra il mese di agosto e settembre 2008 le somme sarebbero state disinvestite, continuando a garantire alte redditività da quegli investimenti.

Da quel momento una serie di ‘strani’ avvenimenti si succedettero nel corso dei mesi: come la chiusura della filiale di viale Bovio di banca Mediolanum che revocò il mandato ad agire per suo conto a Florindi: fatto del quale S.S. riuscì a venire a conoscenza in maniera informale e del quale chiese chiarimenti al nuovo supervisore della Mediolanum.

Dopo una riunione emerse che a nome di S.S. non era stato intestato alcun conto corrente titoli, ma che di fatto esisteva unicamente un fondo pensione riferibile a una polizza vita precedente attivata sempre con Florindi.

Dì lì la denuncia querela del malcapitato cliente, difeso dall’avvocato Eugenio Galluppi, per chiedere la restituzione delle ingenti somme versate al Florindi oltre al risarcimento danni; richiesta che solo formalmente banca Mediolanum sembrava disposta ad accettare.

Del “caso Florindi” si sono interessati moltissimi media, anche nazionali, e trasmissioni tv: la portata della truffa si aggira su svariati milioni di euro.

 

L’avvocato Galluppi, che ha seguito il caso per il signor S.S., si è detto disponibile a fornire consigli e indicazioni a persone che dovessero essere rimaste coinvolte nella vicenda attraverso segnalazioni che i lettori potranno inviare alla redazione di AbruzzoWeb.

Davanti al giudice civile del Ttribunale del capoluogo adriatico i legali dell’istituto bancario sostennero che non esisteva alcuna prova che le somme versate da S.S. fossero state utilizzate da Florindi per acquistare  prodotti finanziari intermediati dalla Mediolanum, che esistesse un elemento di colpa del cliente, ritenuto “negligente e sconsiderato” perché aveva  intestato i pagamenti delle somme corrisposte direttamente in capo al promotore e non all’Istituto bancario, che si chiamava fuori dall’intera vicenda.

Tesi respinte dal giudice, che ha invece accolto richiesta avanzata dal sig. S.S., al quale è stato riconosciuto un risarcimento di 35 mila euro, ritenendo sussistente la  responsabilità solidale della Banca per il fatto del promotore.

Dalla decisione, pertanto, si evince che è sufficiente per il cliente dimostrare che il promotore abbia agito e operato in nome della società intermediaria, che la responsabilità di quest’ultima sussiste anche quando promotore non abbia il potere di rappresentanza e a prescindere dal fatto che il promotore stesso sia o meno rappresentante apparente della società.

La responsabilità solidale della società di intermediazione, infine, non è esclusa dall’irregolare forma di pagamento adottata dal risparmiatore danneggiato, in difformità dalle indicazioni fornite dalla società preponente e dalla normativa Consob di settore.

Secondo quanto riportato l’articolo 31 del decreto legislativo 58/1998 (contenuto nel Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) stabilisce espressamente che il soggetto abilitato, che conferisce l’incarico, è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal promotore finanziario, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

La vicenda, comunque, potrebbe avere un seguito dal momento che l’istituto bancario con molta probabilità ricorrerà in appello contro la sentenza di primo grado.

L’Avvocato Galluppi sul Corriere di Romagna

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