PESCARA. Arrivano le prime due sentenze del tribunale civile di Pescara, che si potrebbero definire pilota, legate a una singolare vicenda giudiziaria di cui si sono occupati i magistrati della procura di Busto Arsizio (Varese), e che ebbe ampia risonanza anche sulla stampa nazionale. Una mega truffa da circa 20 milioni di euro ai danni di ignari investitori che, nel caso che ci riguarda, credettero nell’operato di due promotori finanziari della Banca Fideuram di Pescara che poi patteggiarono la pena.
INVESTIMENTO “SICURO” Una truffa internazionale che coinvolse circa 200 parti offese, fra cui diversi abruzzesi, invitati a effettuare un “sicuro” investimento per la realizzazione di un complesso turistico alberghiero extra lusso a Puerto Azul, annunciato prima a Santo Domingo e poi nel Belize, ma mai realizzato. Molti videro svanire così i risparmi di una vita che pensavano di investire per una tranquilla vecchiaia e che invece si volatilizzarono.
L’AZIONE CIVILE Qualcuno, come appunto i due pescaresi, decise di avviare anche un’azione civile contro uno dei due promotori o consulenti, ma soprattutto chiamando in causa la stessa Banca Fideuram che oggi è stata condannata a risarcire il danno patito dai due ricorrenti. Un successo che va ascritto all’avvocato Eugenio Galluppi, il primo a raggiungere questo obiettivo: due distinte sentenze emesse dallo stesso giudice del tribunale civile di Pescara, Cleonice Cordisco, e questo nonostante che altri giudici si fossero già precedentemente espressi sulla vicenda, ma in maniera contraria. Due sentenze che restituiscono ai due clienti investitori una somma complessiva di circa 280mila euro e tanta serenità per lungo tempo persa.
RUOLO ATTIVO DELLA BANCA Il punto centrale della sentenza sta proprio nel fatto che il giudice ha riconosciuto il ruolo attivo dell’istituto di credito e non soltanto le responsabilità del promotore finanziario che comunque aveva sempre operato all’interno della stessa banca Fideuram.
I fatti risalgono al 2013 quando alla vittima di turno venne prospettata, dal promotore che le aveva assegnato la banca, O. A. (l’altro promoter coinvolto era Roberto Giammarco), l’acquisto di un fondo di investimento estero chiamato “Equi Sicav – Sif Puerto Azul” che le avrebbe procurato buoni rendimenti.
UFFICI DI VIA VENEZIA La vittima, che si sentiva garantita dalla Fideuram, aveva concordato di investire 125mila euro e aveva sottoscritto il contratto dentro gli uffici della banca in via Venezia e quello stesso giorno predisposto il bonifico. Ma dopo tre anni la cliente si vide recapitare una missiva dalla società Costanza (la fiduciaria chiamata in causa, ma risultata poi estranea a tutto, attraverso la quale sarebbe transitata l’operazione) con cui si notificava il recesso dal mandato fiduciario. E così la parte offesa venne a sapere dalla Fideuram che quel prodotto finanziario era a loro sconosciuto. Partì l’azione civile nella quale trovarono spazio anche gli sviluppi della vicenda penale.
LA CONSOB La questione, nel frattempo, passò anche al vaglio della Consob (messa al corrente dalla stessa banca, ma oltre un anno dopo la sua ispezione interna) che sospese il promotore e successivamente lo radiò, descrivendo la sua attività «illecita e fraudolenta». Ma la parte interessante della sentenza riguarda appunto il coinvolgimento della stessa banca. «La linea difensiva della Fideuram», scrive il giudice, «non appare convincente alla luce del più recente orientamento giurisprudenziale secondo cui il fatto che la società preponente abbia creato un legittimo affidamento circa la riconducibilità a sé dell’attività del preposto (si ricorda che A. operava nei locali della banca dove era acceso il conto della cliente) la rende responsabile del comportamento illecito di quest’ultimo anche ove i prodotti di investimento collocati non siano quelli da essa gestiti. Parimenti, che i moduli di investimento sottoscritti non fossero immediatamente riconducibili alla banca – senza, per giunta, alcuna prova che al preposto fosse stato fatto divieto di collocare quei prodotti presso la clientela – non basta a interrompere l’occasionalità necessaria tra l’attività della intermediaria e il comportamento del promotore»..